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giovedì 5 Dicembre 2024

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    Dal glasspiel alla glassarmonica: quando il vetro si fa musica

    Con grande probabilità avrai già visto in azione o sperimentato, in una modalità assolutamente amatoriale, il glasspiel, conosciuto anche come bicchieri musicali o canterini.
    Più difficile è, invece, che tu abbia assistito ad un’esibizione di glassarmonica: l’armonica a vetro. 

    Il glasspiel come predecessore

    Nelle maggiori città, alcuni artisti di strada allietano i passanti grazie al suono del glasspiel, uno strumento musicale idiofono a frizione. Costituito da una serie di bicchieri in vetro, di diversa dimensione e riempiti con quantità differenti di acqua, lo strumento produce un vasto numero di note grazie allo sfregamento prodotto dalle dita inumidite dell’esecutore sull’orlo dei bicchieri. 
    Il glasspiel, popolarissimo in Inghilterra e in Boemia nel corso del XVIII secolo, fu però rimpiazzato dalla glassarmonica.

    L’invenzione e lo strumento

    La glassarmonica fu inventata nel 1762 dall’eclettico Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, che a Londra ebbe modo di apprezzare l’arpa di vetro congegnata da Richard Pockrich (un glasspiel scientificamente strutturato) e mutò la disposizione delle coppe in vetro, collocandole concentricamente, in ordine di grandezza, lungo un asse orizzontale.  
    L’iniziativa dell’inventore era volta a rendere lo strumento indipendente dall’utilizzo dell’acqua. Un obiettivo raggiunto grazie alla collaborazione con Charles James, abile soffiatore di vetro.

    Come si suona?

    Non diversamente dal pianoforte, l’armonica a vetro produce i suoni in funzione del movimento delle mani del musicista, che imprimono le note grazie al tocco sulle calotte di vetro, le quali ruotano con velocità costante, tramite un pedale o un motore elettrico che aziona l’asta girevole. 
    Viene così emesso, mediante sfregamento, un suono al contempo vellutato e cristallino, più grave nel caso delle calotte più grandi (alla sinistra del suonatore) e più acuto in quello delle calotte più piccole (alla destra). L’esecutore viene inoltre facilitato dalla presenza di strisce colorate che indicano i diesis e bemolle.

    Gli artisti dell’armonica a vetro

    La glassarmonica fu accolta con favore da compositori del calibro di Mozart, Beethoven, Naumann e Donizetti, e furono realizzate ben 300 opere di musica classica per questo strumento, studiato persino da Maria Antonietta

    Ma il successo dell’armonica a vetro fu breve e circoscritto, sebbene ad oggi si registrino alcuni tentativi di recupero. È il caso del musicista francese Thomas Bloch (specializzato in strumenti rari), il quale vanta oltre 3000 concerti e più di 150 registrazioni e featuring con numerosi artisti, tra cui John Cage, Daft Punk, Radiohead, Damon Albarn e Gorillaz. 
    La glassarmonica fu impiegata, tra gli altri, anche dai Pink Floyd per il brano Shine On You Crazy Diamond, mentre David Gilmour la incluse nell’introduzione di A Pocketful of Stones.

    Il fascino maledetto della glassarmonica: saturnismo e follia

    L’armonica a vetro, controversa e, per alcuni, persino maledetta, è ammantata da un alone di mistero, che dipende tanto dal materiale di cui è composta quanto dal suono che produce.
    L’elevata quantità di piombo, contenuta nelle antiche miscele di vetro, connessa ad una prolungata manipolazione del materiale, avrebbe infatti potuto causare fenomeni di saturnismo, una grave malattia cronica che in caso di intossicazione acuta può provocare intensi dolori addominali, nausea, vomito, anemia emolitica, ittero, insufficienza renale, convulsioni e disturbi psichici. 

    Ma è soprattutto il suono stesso della glassarmonica a provocare profondo turbamento. Non è un caso che Gaetano Donizetti la impiegò nell’opera “Lucia di Lammermoor”, per marcare i toni inquieti della “scena della pazzia”.

    Il suono penetrante, nel contempo etereo e sinistro, dell’armonica a vetro fu a lungo considerato dannoso per la stabilità mentale di musicisti e ascoltatori. Secondo il musicologo tedesco Friedrich Rochlitz (1769-1842), lo strumento “stimola eccessivamente i nervi, immergendo l’esecutore in una depressione persistente e in uno stato d’animo tetro e malinconico, incline all’auto-annientamento. Chi soffre di un qualsiasi disturbo nervoso non dovrebbe suonarla, come chi non è ancora malato e chi è soggetto a umori malinconici”. 

    Se non temi gli effetti perturbanti della glassarmonica e vuoi perderti nell’incanto prodotto da questo strumento in vetro, ti consigliamo:

    Fonti: wikipedia.org, terzopianeta.info, wheremagichappens.it, wom.altervista.org, baroque.it, losbuffo.com

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